14.12.08

Appello per una Rete NordEst per il Congo



...YES WE CAN !!

Carissimi amici e soci di Banca Etica dell’Area Nord-Est, abbiamo un sogno, ma possiamo e vogliamo realizzarlo solo con l’aiuto di ognuno di voi. Come forse già sapete, la nostra banca ha aderito all’appello per la pace in Congo promosso da Chiama l’Africa:
http://www.chiamafrica.it/master/visualizza.asp?ID=1&spot=310&cartella=centro&pagina=1
Bene, il nostro sogno è quello di costruire insieme a voi una RETE NORD-EST PER IL CONGO per dare concretezza a questo appello attraverso il sostegno ad un progetto di MALAKI MA KONGO (www.malakimakongo.net) , una associazione di solidarietà internazionale di cui è coordinatore Masengo, congolese, nostro socio e volontario del GIT di Vicenza. Sul sito trovate tutti i dettagli sulle attività dell’associazione.
Chiediamo a tutti i soci di Banca Etica del Nord-Est di unirsi per tendere la mano verso i nostri fratelli e sorelle congolesi e costruire un ponte di solidarietà dall'area nord-est al Congo. Chiediamo ad ognuno di voi di versare un contributo minimo di 10 euro (o più) sul seguente conto corrente intestato all’ Associazione MALAKI MA KONGO:

IBAN: IT 07 X050 1811 8000 0000 0511 470 - BIC: CCR TIT 2184E

presso la Banca Popolare Etica - filiale di Vicenza.
Il denaro raccolto fra tutti i soci e donatori andrà a costituire un fondo di garanzia per un progetto di microfinanza rivolto al sostegno dell’imprenditoria femminile congolese (Progetto d’urgenza in favore delle donne in Congo).
L’Unione fa la forza. E se siamo in tanti a sognare, i sogni diventano realtà, come è stato per la nostra Banca Etica. Confidando in una ampia e rapida risposta da tutti voi, vi terremo aggiornati sull’esito di questa iniziativa e sui progetti che la vostra generosità consentirà di finanziare.
I promotori della Rete Nord-Est per il Congo:
- Luca Salvi, coordinatore GIT Verona - 347 8933579 - lucasalvi@msw.it
- Leonardo Losselli, coordinatore GIT Vicenza - 340 9245598 - l.losselli@e4a.it
- Masengo ma Mbongolo, GIT di Vicenza, di Malaki ma Kongo - 349 3329339 info@malakimakongo.net
- Giorgio Fabris, coordinatore GIT Bassano - tel.0424-828053 - fabris.giorgio@virgilio.it
- Emanuela Amici, coordinatrice GIT Venezia - tel.333-4442495 - amiciemanuela@libero.it

P.S. Per ulteriori informazioni:
http://www.malakimakongo.net/development.htm
Per scaricare il volantino clicca qui
Per segnalare il vostro contributo inviate una mail a: info@malakimakongo.net

23.11.08

The Weak Current - film



di Nicole Leghissa, Italia 2007, 50’

Giovedì 27 novembre ore 20,45
Piazza Diaz 46r, Savona- Italie


L’Assessorato alla Cooperazione Internazionale e alla Pace della Provincia di Savona, in collaborazione con ANOLF – CISL, PROGETTO SVILUPPO – CGIL, Centro di Documentazione LIBROMONDO, Associazione MELISANDRA, Ce.Sa.Vo., Spes S.C.P.A. all'interno della rassegna "NuovoFilmStudio" presentano questo filmato accompagnato dalla discussione con la regista Nicole Leghissa, Masengo Ma Mbongolo, coordinatore generale dell’Associazione Malaki Ma Kongo, Pietro di Serego Alighieri e Ginevra di Serego Alighieri, discendenti di Pietro Savorgnan di Brazzà.

Seconda metà dell'Ottocento. Il giovane rampollo di una famiglia aristocratica abbandona le comodità dei salotti e parte dal Friuli alla scoperta delle terre incognite d´Africa. "… Pietro l'esploratore buono, il bianco che nel 1880, al termine di una lunga marcia di pochi uomini nella giungla, in una favolosa notte di luna aveva scoperto il fiume Congo vasto come l'oceano. Savorgnan di Brazzà, l'ufficiale gentiluomo, l'Idealista che marciava scalzo e disarmato, ma metteva l'alta uniforme per incontrare i re color dell'ebano. … Ma ora l'attesa è finita, i tam tam salutano il Grande Spirito dell'eroe che torna sul suo fiume, nel luogo che porta il suo nome: Brazzàville, capitale della Repubblica del Congo…” scrive P. Rumiz, giornalista. Il documentario compie un viaggio nello scarto esistente tra il mito dell'esploratore che voleva essere amico degli africani e l’attuale squallido utilizzo della sua icona da parte dei poteri forti, congolese e francese, che amici non sono. Il trasferimento delle spoglie di Brazzà non è altro che una commedia imbastita per annebbiare lo sguardo della comunità internazionale e delle popolazioni africane sulla vera posta in gioco: la depredazione del Congo. A guidare lo spettatore in questo viaggio è proprio il giornalista Paolo Rumiz, che dopo un'iniziale fascinazione per la modernità del Brazzà, esploratore avventuroso e disinteressato, si accorge che l'inaugurazione del mausoleo a lui dedicato non è altro che un'operazione cosmetica. Brazzà è un'icona perfetta: piace alle popolazioni indigene da cui è considerato tuttora un antenato, al dittatore africano che cerca di rifarsi l'immagine, al governo francese in aria di revisionismo coloniale. Dietro il teatrino delle belle parole, del taglio dei nastri e dei tappeti rossi stesi alla famiglia Brazzà per acconsentire al trasferimento delle spoglie dell'illustre antenato, c'è una realtà molto più tetra ed estremamente lucrativa. Ieri era il legno, era il caucciù, era l'avorio. Oggi è il petrolio. Il documentario presenta Brazzà, l'esploratore scalzo e disarmato. Il gentiluomo avventuroso che finì per essere ripudiato dalla Francia e rimosso dal suo ruolo di Governatore della Colonia dell'Africa Equatoriale Francese a causa delle sue aperte critiche alla brutalità del sistema coloniale. Tradito a tal punto che la moglie preferì seppellirlo ad Algeri, rifiutando i funerali di stato a Parigi.

17.11.08

EZRA - Film Studio de "Uno sguardo all'Africa"

Savona, giovedì 13 novembre ore 20,45:

Ezra di Newton I. Aduaka, Nigeria/Francia/Austria - 2007, 103’
Ospite della serata: il regista Newton I. Aduaka

Ezra non ha ancora vent'anni, dietro di sé un'infanzia perduta. Rapito da piccolo dai ribelli del Blood Brotherhood, è stato addestrato alla guerra, drogato ed indottrinato, spinto a compiere crimini orribili. E' diventato un bambino soldato. In un continuo gioco di rimandi tra passato e presente, ricostruiamo la sua storia: l'attacco al suo villaggio, il massacro dei genitori di cui Ezra non ricorda nulla, l'incontro con la sorella sopravvissuta. Oggi Ezra si trova dinnanzi ad un tribunale, la sua mente ha rimosso il passato. E' una vittima o un criminale di guerra? Il film

"Ezra" è nato da un grande lavoro di ricerca che il regista ha condotto in Sierra Leone insieme a Alain Michel Blanc (autore di "Vai e vivrai"). Ha incontrato tanti bambini, psichiatri, educatori, avvocati del tribunale speciale delle Nazioni Unite, ma ciò che più l'ha toccato è ciò che alcuni bambini hanno dovuto vivere e che sempre resterà nella loro memoria. La sensibilità del regista, unita ai suoi vissuti infantili, ed alla sua attenzione sociale, gli hanno permesso di realizzare un film che mette a fuoco uno tra i grandi problemi che nel mondo toccano i bambini ed i diritti negati, senza cadere nel patetico o in una semplice separazione tra bene e male. Il film cerca di prendere in considerazione la complessità della problematica ed entra in profondità nella disperazione della guerra e dei bambini che, quasi inconsapevoli, ne prendono parte attivamente, in un modo che purtroppo segnerà profondamente tutta la loro esistenza. Il film ha partecipato a diversi importanti festival e vinto numerosi premi.

http://www.nuovofilmstudio.it/schedaafrica.html

NEWTON I. ADUAKA
Nasce a Ogidi (Nigeria) nel 1966, si trasferisce a Lagos con la famiglia nel 1970, in seguito alla guerra
civile del Biafra. Nel 1985 si trasferisce a Londra, dove nel 1990 si diploma alla London Film School, e
nel 1997 fonda la Granite FilmWorks. Comincia intanto a realizzare cortometraggi, premiati in molti
importanti Festival. Nel 2001 debutta alla regia di un lungometraggio con “Rage” il primo film
totalmente indipendente realizzato da un regista africano ad uscire nelle sale cinematografiche di tutta la
Gran Bretagna. Vince il riconoscimento Carlton's Multicultural Achievement Award for Film.
Nel 2002 realizza il corto “Funeral”, selezionato al Festival di Cannes.
Destinato nei sogni paterni a divenire scienziato, è tuttavia stato attratto dal mondo artistico, si è infatti
da sempre dedicato alla musica, prima di essere sedotto dal mondo del cinema. Egli detesta la violenza e
le logiche menzognere che nel mondo la legittimano. “Bambino della guerra”, come egli stesso si
definisce, è nato in Biafra, paese che è esistito sulle carte geografiche solo per tre anni poi è stato
dimenticato.
Nei suoi film racconta dell’amicizia, la morte, la violenza, l’intimidazione, la negazione del sogno, lo
sfruttamento dell’ignoranza, l’ideologia come strumento di manipolazione, dimostrando sempre una
grande umanità ed una grande tensione verso le problematiche sociali, con lo sguardo sottile ed
intelligente di chi conosce i giochi perversi di un mondo che segue gli interessi di alcuni e che
attribuisce alle vite delle persone valori diversi.
“Questi bambini hanno conosciuto l’inferno per dei giochi economici …. tutto ciò mi tocca profondamente, ed è questo che

ha nutrito “Ezra”. Il resto è cinema…..” dice N.Aduaka in un’intervista.

Filmografia
1990 - Voices behind the Wall, cortometraggio
1994 - Carnival of silence, cm
1997 - On the edge, cm
1999 - Rage, lungometraggio
2002 - Funeral, cm
Film che rappresenta il tema del cinema e della mondializzazione. E’ stato uno dei nove registi al
mondo selezionato dalla commissione Society of Film Directors France, Cahiers du Cinema and the
Directors' Fortnight.
2004 - L’expert, cm
Bon voyage, cm
Sale Nègre, cm
2004 - Aicha, cm
2007 - Ezra, lm
Tutti i suoi film sono stati vincitori di numerosi importanti premi.
INGRESSO GRATUITO

Rassegna di cinema africano IV edizione

15.11.08

Pilgrimage to the Heart of Africa for the Reconciliation of African people from East and West of the Atlantic Ocean

«The essential for a people is not much being able to glorify itself by a past more or less majestic, but it is more about discovering and taking consciousness of this past's continuity, whatever this past was."
Cheikh Anta Diop



Dirty cloths are to be washed within the family, they say. That's why Malaki ma Kongo, association for the promotion of African cultural roots in service of Responsible Development, invites all Africans from east and west of the Atlantic Ocean to go back to their ancestors' steps. We'll walk throughout the close yet faraway time of enslavery, to cover Africa from Goreè Island just to the black continent's heart.We'll go through many villages where monuments, valleys, mountains, roots, leaves, trees and - why not -the wind will refresh our memory. It may happen that, while we sleep, during a dream a fly, or a beetle, or a fish, or - why not - an elephant will sing us songs that we kind of remember.Yes, we'll walk to touch reality by hand and to give ourself a personal judgement about what really happened more than 500 years ago.AIM : to preserve collective memory OBJECTIVES : 1- Creating a dialogue space for the Reconciliation of African people from East and west of the Atlantic Ocean;2- Promoting African Cultural roots3- Re-writing our history4- Entering in Communion with our ancestors by participating at the Tricontinental Festival Malaki ma Kongo. CIRCUIT of the VOYAGE a/ Gorée Island and Dakar city in Sénégal ; b/ Bénin: we'll touch by hand an unusual expérience of retourning to Africa realised 10 years ago by the JAH family, who went there from Guadeloupe. Visit to the Temple of Pythons in Ouidah and organization of a forum about: «The importance of the Exchanges between African people from East and west of the Atlantic Ocean» ;c/ In Ghana we'll visit the Slaves Road, the city of Accra, some exemples of investments by Black diaspora, following a show-dinner for solidarity with « The initiatives of the exchanges between African people from East and west of the Atlantic Ocean» ; d/ The two Congoes, in Brazzaville and in Kinshasa we'll participate at the Tricontinental Festival MALAKI ma KONGO, and we'll visit the two capital cities.Iin Pointe Noirewe'll visit the Monument of Memory and the humanitarian action of MALAKI DEVELOPMENT (Centre of sewing education for young women and the Pilote Agricole Center); e/ In Nzinzi (Pointe Noire) we're waited to close in beauty the Tricontinental Festival MALAKI ma KONGOand « tell our children' children what our fathers' fathers lived». ORGANISATORS : Malaki ma Kongo in collaboration with local social organisations from East and west of the Atlantic Ocean, they invite us to go to Africa not to sympathise with lions, gyraffes or crocodiles but to fraternize with human beings.MALAKI MA KONGO is one of the rare cultural African meetings (in the modern sense of the term) which is made in Congo by the funds and sweat of artists and men of culture. THese ones are willing of preserving their freedom and independence of expression in all cultural and artistic work. Malaki ma Kongo organization and especially its orientation try to preserve African cultural logic from external influences or inspirations. Malaki ma Kongo is unpublished spectacles inspired by the rich territory tradition; living, eating, drinking and speaking as in the good culturally virgin time before the Portugueses; re-living the past enjoying Ngoma ya Kongo, the party drum which used to accompany night fields of crickets fanfare to excite the night dances of engoulevents birds.Malaki ma Kongo, is the return to the origins through the magic of theatre: camp fires, drums choir, rattle bells, ... We'll live all that savoring biyoki, cane and ananas beer, mbulu and samba, kola, pepper in grains, and - why not - mundiondio.Malaki ma kongo is a festival « prêt â porter », able to wander not only from country to country but also from continent to continent. Since 2002 Malaki ma Kongo is celebrated in 3 continents: Africa in the two Congoes, Europe in Italy and France, America in Haiti, Guadaloupe, Dominican Republic, Guyana.BENEFITS : Preserving collective memoryRe-writing Africa true history and knowing the true meaning of words like Africa, Sénégal, Congo, Namibie, Zimbabwe, Mali, Cameroun, Guinée…MODALITY OF VOYAGE : Responsible Tourism: We won't stay in big hotels, we'll stay by local people houses or by rooms we'll rent from local families' houses (all people that are Malaki ma Kongo members), or local small hotels held by local families .Transportation will be, depending on circumstances: local city bus, trains, taxi, cars rented on place, airplanes etc.

Contact :+39 349 33 29 339 / 347 9185095info@malakimakongo.netwww.malakimakongo.net

Pèlerinage au Coeur de l’Afrique



...Un autre Afrique est possible...
Dans le cadre de la décennie Mama Kimpa Mvita et pour se souvenir de la mission de Ne Vunda, 1er ambassadeur Noir au Vatican en 1608 Le FESTIVAL TRICONTINENTAL MALAKI MA KONGO vous propose du 12 sept. au 02 oct. 2008 Malaki Live: Pèlerinage au Coeur de l’Afrique pour la Réconciliation des africains de l’Est et de l’Ouest de l’Atlantique
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Malaki Live:
Pèlerinage au Coeur de l’Afrique
pour la Réconciliation des africains de l’Est et de l’Ouest de l’Atlantique
Revenir sur les pas de nos ancêtres et remonter le temps des proches et lointains siècles de l’esclavage pour re-parcourir l’Afrique de l’Iles de Gorée jusqu’au coeur du continent Noir.
-Retourner en Afrique par « La Porte du grand Retour » L’Ile de Gorée;
-Visiter l’Université Cheikh Anta Diop
-Re-parcourir la Route des Esclaves au Ghana, -
-Vivre l’insolite expérience de retour en Afrique de la Famille JAH, venue de Guadeloupe ;
-Rendre hommage au Dieu serpent au Temple de Python à Ouida au Bénin,
-On navigera sur le majestueux fleuve Congo pour saluer à équidistance Brazzaville et Kinshasa les deux villes capitals les plus rapprochées du monde avant de marquer un stop au Temple des Corbeaux et assister à
La Retrouvaille du siècle « La Rencontre des Musundi du Congo et des Musundi Cuba »
-Enfin pour cette année inaugurale, à cause des élections en Angola, nous differons le rendez-vous à Mbanza Kongo la Capitale du Royaume Kongo Reconnue récemment par l’UNESCO comme Patrimoine Mondial de l’Humanité. Nous nous contenterons de clôturer en beauté le FESTIVAL TRICONTINENTAL MALAKI ma KONGO à Nzinzi (Pointe Noire) la partie Nord Ouest du Royaume Kongo pour dire aux petits fils de nos petits fils ce que les parents de nos parents ont vécu.
info@malakimakongo.net
http://www.malakimakongo.net/

1er Janvier 1804 : Proclamation du Général en Chef Dessaline

L’obsession coloniale, le délire impérialiste et le racisme implacable de Napoléon Bonaparte l’entraînent, à l’orée du 19ème siècle dans des égarements extrêmes de rétablissement de l’esclavage dans les colonies françaises, d’interdiction de mariages inter-raciaux, d’élimination de la variété nègre libre de l’espace dominé par son empire. Bonaparte, sanctifié en plein 21ème siècle européen par l’aréopage des savants de l’élite française qui feint de méconnaître sa démence négrophobe, a pourtant, par delà ses horribles aventures militaires, tenu des propos racistes délibérés et devant témoins : « Comment a t'on pu accorder la liberté à des Africains, à des hommes qui n'avaient aucune civilisation, qui ne savaient seulement pas ce que c'était que la colonie, ce que c'était que la France?… ». La folie impériale française allait reconquérir dans le sang les colonies des Caraïbes, malgré l’héroïsme des Delgrès, Ignace et de tant de combattants de la liberté écrasés, torturés, broyés par la tyrannie négationniste napoléonienne. Il en ira autrement de Haïti, où les Africains et Descendants d’Africains, au terme de deux ans de combats acharnés, arrachent leur liberté à l’armée leucoderme assaillante. Le bilan est lourd, 500 000 haïtiens sacrifiés sur l’autel de l’Indépendance, les troupes napoléoniennes décimées perdent 55 000 de leurs 70 000 hommes. Au sortir de cette guerre sans merci où l’impérialisme, le racisme ont montré leur visage des plus déterminés et des plus lugubres, le Général en Chef des armées victorieuses, Dessalines, marqué par l’effort, la lutte et le sacrifice de son sang et de celui des milliers d’Africains du Nouveau Monde, fait une déclaration historique. Justement intransigeant à l’égard de la tyrannie, empli d’une volonté intrépide d’Indépendance, la liberté ou la mort sont les seules alternatives, réciproquement exclusives et sans retour d’un monde qui bascule. La liberté réellement universelle est ré-inventée. Extraits du discours. "Quartier général des Gonaïves, le 1er janvier 1804, an 1er de l'Indépendance Citoyens, Ce n'est pas assez d'avoir expulsé de votre pays les barbares qui l'ont ensanglanté depuis deux siècles; ce n'est pas assez d'avoir mis un frein aux factions toujours renaissantes qui se jouaient tour a tour du fantôme de liberté que la France exposait à vos yeux; il faut, par un dernier acte d'autorité nationale, assurer à jamais l'empire de la liberté dans le pays qui nous a vus naître; il faut ravir au gouvernement inhumain, qui tient depuis longtemps nos esprits dans la torpeur la plus humiliante, tout espoir de nous réasservir; il faut enfin vivre indépendant ou mourir. Indépendance ou la mort... Que ces mots sacrés nous rallient, et qu'ils soient le signal des combats et de notre réunion. Citoyens, mes compatriotes, j'ai rassemblé dans ce jour solennel ces militaires courageux, qui, à la veille de recueillir les derniers soupirs de la liberté, ont prodigué leur sang pour la sauver; ces généraux qui ont guidé vos efforts contre la tyrannie, n'ont point encore assez fait pour votre bonheur... Le nom français lugubre encore nos contrées. Tout y retrace le souvenir des cruautés de ce peuple barbare: nos lois, nos mœurs, nos villes, tout porte encore l'empreinte française; que dis-je? il existe des Français dans notre île, et vous vous croyez libres et indépendants de cette république qui a combattu toutes les nations, il est vrai, mais qui n'a jamais vaincu celles qui ont voulu être libres. Eh quoi! victimes pendant quatorze ans de notre crédulité et de notre indulgence; vaincus, non par des armées françaises, mais par la piteuse éloquence des proclamations de leurs agents; quand nous lasserons-nous de respirer le même air qu'eux? Sa cruauté comparée à notre patiente modération ; sa couleur à la nôtre; l'étendue des mers qui nous séparent, notre climat vengeur, nous disent assez qu'ils ne sont pas nos frères, qu'ils ne le deviendront jamais et que, s'ils trouvent un asile parmi nous, ils seront encore les machinateurs de nos troubles et de nos divisions. Citoyens indigènes, hommes, femmes, filles et enfants, portez les regards sur toutes les parties de cette île; cherchez-y, vous, vos épouses, vous, vos maris, vous, vos frères, vous, vos sœurs; que dis-je? cherchez-y vos enfants, vos enfants à la mamelle! Que sont-ils devenus? ... Je frémis de le dire... la proie de ces vautours. Au lieu de ces victimes intéressantes, votre oeil consterné n'aperçoit que leurs assassins; que les tigres encore dégouttants de leur sang, et dont l'affreuse présence vous reproche votre insensibilité et votre lenteur à les venger. Qu'attendez-vous pour apaiser leurs mânes? Songez que vous avez voulu que vos restes reposassent auprès de ceux de vos pères, quand vous avez chassé la tyrannie; descendrez-vous dans la tombe sans les avoir vengés? Non, leurs ossements repousseraient les vôtres. Et vous, hommes précieux, généraux intrépides, qui insensibles à vos propres malheurs, avez ressuscité la liberté en lui prodiguant tout votre sang; sachez que vous n'avez rien fait si vous ne donnez aux nations un exemple terrible, mais juste, de la vengeance que doit exercer un peuple fier d'avoir recouvré sa liberté, et jaloux de la maintenir; effrayons tous ceux qui oseraient tenter de nous la ravir encore: commençons par les Français... Qu'ils frémissent en abordant nos côtes, sinon par le souvenir des cruautés qu'ils y ont exercées, au moins par la résolution terrible que nous allons prendre de dévouer à la mort quiconque, né français, souillerait de son pied sacrilège le territoire de la liberté. Nous avons osé être libres, osons l'être par nous-mêmes et pour nous-mêmes; imitons l'enfant qui grandit: son propre poids brise la lisière qui lui devient inutile et l'entrave dans sa marche. Quel peuple a combattu pour nous? Quel peuple voudrait recueillir les fruits de nos travaux? Et quelle déshonorante absurdité que de vaincre pour être esclaves. Esclaves!... Laissons aux Français cette épithète qualificative: ils ont vaincu pour cesser d'être libres. Marchons sur d'autres traces; imitons ces peuples qui, portant leur sollicitude jusque sur l'avenir, et appréhendant de laisser à la postérité l'exemple de la lâcheté, ont préféré être exterminés que rayés du nombre des peuples libres. Gardons-nous cependant que l'esprit de prosélytisme ne détruise notre ouvrage; laissons en paix respirer nos voisins, qu'ils vivent paisiblement sous l'empire des lois qu'ils se sont faites, et n'allons pas, boutefeux révolutionnaires, nous érigeant en legislateurs des Antilles, faire consister notre gloire à troubler le repos des îles qui nous avoisinent: elles n'ont point, comme celle que nous habitons, été arrosées du sang innocent de leurs habitants; elles n'ont point de vengeance à exercer contre l'autorité qui les protège. Heureuses de n'avoir jamais connu les fléaux qui nous ont détruits, elles ne peuvent que faire des vœux pour notre prospérité. Paix à nos voisins! mais anathème au nom français! haine éternelle à la France! voilà notre cri. Indigènes d'Haïti, mon heureuse destinée me réservait à être un jour la sentinelle qui dût veiller à la garde de l'idole à laquelle vous sacrifiez, j'ai veillé, combattu, quelquefois seul, et, si j'ai été assez heureux pour remettre en vos mains le dépôt sacré que vous m'avez confié, songez que c'est à vous maintenant à le conserver. En combattant pour votre liberté, j'ai travaillé à mon propre bonheur. Avant de la consolider par des lois qui assurent votre libre individualité, vos chefs que j'assemble ici, et moi-même, nous vous devons la dernière preuve de notre dévouement. Généraux, et vous chefs, réunis ici près de moi pour le bonheur de notre pays, le jour est arrivé, ce jour qui doit éterniser notre gloire, notre indépendance. S'il pouvait exister parmi vous un cœur tiède, qu'il s'éloigne et tremble de prononcer le serment qui doit nous unir. Jurons à l'univers entier, à la postérité, à nous-mêmes, de renoncer à jamais à la France, et de mourir plutôt que de vivre sous sa domination. De combattre jusqu'au dernier soupir pour l'indépendance de notre pays! Et toi, peuple trop longtemps infortuné, témoin du serment que nous prononçons, souviens-toi que c'est sur ta constance et ton courage que j'ai compté quand je me suis lancé dans la carrière de la liberté pour y combattre le despotisme et la tyrannie contre laquelle tu luttais depuis quatorze ans. Rappelle-toi que j'ai tout sacrifié pour voler à ta défense, parents, enfants, fortune, et que maintenant je ne suis riche que de ta liberté; que mon nom est devenu en horreur à tous les peuples qui veulent l'esclavage, et que les despotes et les tyrans ne le prononcent qu'en maudissant le jour qui m'a vu naître; et si jamais tu refusais ou recevais en murmurant les lois que le génie qui veille a tes destinées me dictera pour ton bonheur, tu mériterais le sort des peuples ingrats. Mais loin de moi cette affreuse idée. Tu seras le soutien de la liberté que tu chéris, l'appui du chef qui te commande. Prête donc entre ses mains le serment de vivre libre et indépendant, et de préférer la mort à tout ce qui tendrait à te remettre sous le joug. Jure enfin de poursuivre à jamais les traîtres et les ennemis de ton indépendance. Fait au Quartier général des Gonaïves, le 1er janvier 1804, l'an 1er de l'indépendance". Source : afrikara.com

23 AOUT 2008, JOURNEE INTERNATIONALE DE LA COMMEMORATION DU TRAFIC NEGRIER ET DE SON ABOLITION

Par Souindoula Simao
La transporalité de l’intelligence musicale et chorégraphique africaine a été totale.
C’est, en substance, ce que l’ on peut retenir a la lecture des précieux actes du cinquième Symposium de Musique Africaine, tenu, a Pointe-Noire, deuxième ville du Congo de la rive droite, dans le cadre de la même édition du FESPAM.
L’on notera, parmi la vingtaine de communications compilée dans ce recueil intitule “ Héritage de la Musique Africaine dans les Amériques et les Caraïbes”, celle de l’historien angolais, Simao Souindoula, l’ombilicale contribution intitulée “ Candombes de Reyes, Llamadas et Conjunto Bantu » sur les rives de la Rio de la Plata”.
Editée a Paris, aux éditions L’ Harmattan, sous la coordination de Mukala Kadima-Nzuji et du regrette Alpha Noel Malonga, celui-ci décédé il y a quelques semaines, cette compilation s’étale sur 399 pages.
Elle contient diverses études de pointe sur les survivances musicales et chorégraphiques « niger » sur les terres occidentales de l’Atlantique.
L’on y note, entre autres signatures, celles d’historiens, d’anthropologues, de musicologues, de sociologues et d’hommes de lettres tels l’inévitable afro-nord-américaine Sheila S. Walker, le chef du fameux Conjunto Bantu de Montevideo, le très méthodique Tomas Olivera Chirimini, l’énergique cubain Lino Neira Betancourt et la grande star de la Word –music, l’afro-péruvienne Susana Baca.
Y suivent les contributions d’Elisabeth Maino, du Centre des Etudes Africaines de Paris et de Sylvie Clairefeuille, spécialiste des musiques urbaines d’Afrique.
L’on remarquera, parmi les chercheurs africains, le très applique ethnomusicologue ivoirien Adepo Yapo et le congolais de la rive gauche, Manda Tchebwa, Directeur Artistique du Marche Africain des Arts du Spectacle d’ Abidjan.
MARRONNAGE
Des faits y sont rappelés tels que les points de parente des musiques des deux rives de l’ océan triangulant, la place des viriles percussions dans celles-ci, la prévisible dynamique syncrétique produite par les musiques noires sur le continent américain et dans l’ ensemble insulaire caribéen, la dimension insurrectionnelle des chants créoles, les danses guerrières afro-brésiliennes, les réputés nkisi, maculeta et capoeira ainsi que la définitive cristallisation des musiques de marronnage, celles des quilombos, palenques et senzalas.
L’on y apprend aussi la force des composantes de la rumba afro-cubaine telles que le yamba et le guanguanco, l’importance des batuque et lundu en Amérique du sud, les supports organologiques d’origine sub-saharienne dans l’ancienne et historique Espanola (aujourd’hui séparée en Haïti et République Dominicaine), dans les Antilles Néerlandaises et au Guatemala.
Les actes de la rencontre de la cite du “ tchevelika ” (esclave) contiennent également des approches sur la rémanence de la musique rituelle liée a la collante Notre Dame de Rosario au Venezuela, les incontournables danses “ Reyes Congo” a Panama, les célèbres joutes musicales dominicales au Congo Square de la mythique Nouvelle Orléans, le profil, naturellement, subsaharien de la musique des Irmandades a Salvador de Bahia, la “ Rome afro-brésilienne ” et l’ influence congo-angola dans les danses de la cote atlantique brésilienne et le prestige des blocs afro-pernambouc dans les candomblés.
CHAMPETA COLOMBIENNE
L’ouvrage sorti de la réunion de la Loango Coast contient aussi de nouvelles analyses sur la structure évolutive rythmique, quatuor, rio platense, candombe/milonga/milongon/tango, les causes de l’irrésistible succès mondial de la torride champetta colombienne, l’influence des supports organologiques africains dans l’émergence et l’évolution du “son” cubain et la symbolique musicale des Rivers Babylon dans la très spirituelle Jamaïque.
La démarche comparative a été bien clairement suivie dans l’ ensemble des communications, et dont l’exemple le plus audacieux a été celle menée par le sympathique poète congolais, Sangi Lutondo, dans son expose intitule Cijanda cokwe et la samba carioca.
L’un des abordages, parmi les plus profonds est celui de l’universitaire de Brazzaville, le bien nomme Auguste Miabeto, portant sur “Grapa congo” en Guadeloupe. Il y analyse, en toute beauté littéraire et en toute originalité, les traditions ludiques enfantines, nuptiales, divertissantes et satiriques originaires du Bas – Nzadi, dans la melano-ile des Petites Antilles.
L’Université Marien Ngouabi a aussi fourni dans les actes de la rencontre du Centre Mbongui, deux apports littéraires absolument rafraichissants, ceux d’Antoine Yila sur la présence musicale africaine dans le puissant discours poétique de l’un des chantres de la négritude, qui nous a quitte, lui aussi, il y a quelques semaines, Aime Césaire, et de l’infortune Alpha Noel Malonga, qui a mis en relief la place du tam-tam dans l’essai surréaliste afro caribéen, « Texaco », de Patrick Chamoisseau.
ENCHASSEMENT
Quant à Simao Souindoula, Rapporteur des travaux du Symposium, celui-ci s’est attache à suivre le fil conducteur bantu, de l’évolution, a Buenos Aires et Montevideo, à partir de la fin du XVII eme jusqu'à la période contemporaine, des rythmes tels que le candombé, le cambunda, le banguela, le mana, le quisam, le lubolo et … le tango, leur perpétuation dans les Llamadas, vigoureux groupes carnavalesques rioplatenses et leur enchâssement conformiste dans l’ attachant Conjunto Bantu, sorti des enflammés « barrios del Sur » de la capitale uruguayenne .
Appréciant la publication de ces actes, Simao Souindoula l’a considérée comme constituant une contribution de plus a une meilleure connaissance des liens anthropologiques scelles, définitivement, entre le continent premier et ses prolongements américain et caribéen, dynamique sera, sans nul doute, renforcée, dans la senghorienne Dakar, qui abritera, en Décembre de l’année prochaine, pour la deuxième fois, 43 ans après, la troisième édition du Festival Mondial des Arts Negres, celle de la Grande Renaissance des « Damnes de la Terre ».

LE ROI KONGO DE LA REP. DOMINICAINE, SISTO MINIER, N’EST PLUS.

Ce 29 avril 2008 à l’âge de 88 ans le vieux lion de la périphérie de Santo Domingo et précisément à Villa Mella, est parti à Mpemba, comme on dit chez nous pour parler du royaume des morts. Dans cette terre étrangère et malgré la cruauté du système esclavagiste espagnole, l’un des plus vile que la terre n’a jamais connu, Sisto Minier a su laisser les traces de sa kongonité que ses descendants sauront veiller et sauvegarder au sein de la Confraternité Saint Esprit Los Congos.
C’est au hasard que j’ai fais la connaissance de Sisto Minier. Ceux qui connaissent le langage des étoiles diraient que mes pas étaient dirigés par les Grands Bissimbi, les grands esprits. Je partais, en fait, pour prendre part au festivités du Bicentenaire de l’Indépendance de la Première République Noire, Haïti, que les premiers échauffourées de Port au Prince, m’ont obligé de prolonger mon escale dans La Zona Coloniale, le centre ville de Santo Domingo, de onze jour alors qu’il n’était prévu que d’un jour.
J’en ai alors profité de scruter les horizons de cette ville où l’homme Noir est contraint au silence et aux travaux pénibles par la force du bout du revolver. Une arme facilement dissimulable que les citoyens, à la peau claire, de cette ville, exhibent sans vergogne pour s’assurer les privilèges de toutes sortes. Je vais tombé entre les mains de Glaem Pearls ( l’actuel Représentant de Malaki ma Kongo dans la Rep. Dominicaine ), un métis qui, dès qu’il a appris que je venais du Congo, il m’a prié d’aller rencontrer le Roi Kongo de Santo Domingo.
Dans ce pays où le droit à la vie ou de la mort était lié à l’acceptation de la nationalité espagnole et de la religion chrétienne, seul les derniers arrivants, la série du groupes des captifs de la guerre de M’Buila, les Kongo, réduits en esclaves, ont pu maintenir leurs racines. Dans les pays où la culture des natives américains a été littéralement effacée, les Congos comme on les appelle représentent aujourd’hui, l’unique culture traditionnelle pure qui puisse exister ; au cas contraire, ce sont les groupes haïtiens qui comblent ce vide avec la culture typiquement créole. Mais malgré cet attachement radical à leurs racines africaines, les Congos sont encore victimes d’un impérialisme culturel européen si fort que leurs actions culturelles se font sous le label de « culture latino américaine » effaçant du coup toute la dynamique africaine qui fait vivre cette dernière.
Je peux vous assurer que très peux de Ne Kongo vivant même dans les Amériques sont au courant de ce décès puisque qu’ils sont plus connu sous le nom de la comunidad de Mata Los Indios, de Villa Mella, bien qu’ils s’efforce à crier haut et fort que leur religion s’appelle la Confraternité Saint Esprit Los Congos.
J’ai retrouver dans leur manière de parler, de chanter, de manger, de prier et dans les gestes de tous les jours, une forte dimension de Bukongo. Sisto Minier s’est confié à moi en disant qu’ils font beaucoup de choses d’origine Kongo comme leurs ancêtres les ont dit mais si une fois ils étaient invité à Malaki ma Kongo au Congo, ils pourraient vérifier cela sur le terrain
Durant ses derniers jours il était interné dans l'Hôpital de la Police Nationale, où, par ordre de son Directeur, Dr. Cristóbal Fernández, lui fut donné un traitement privilégié par sa condition de porteur d'une expression culturelle dominicaine proclamée par l'Unesco, en mai de 2001, “Patrimoine Oral et Immatériel de l'Humanité.”
La mort lui a surpris le 29 avril 2008 dans sa maison de Mata Los Indios, de Villa Mella. Il a été enterré dans le cimetière municipal de Villa après avoir reçu honneurs funèbres des autorités de l'Hôtel de ville de Saint Domingue et du Secrétariat d'État de la Culture.
Le Capitaine de la Confrérie des los Congo nous quitte au moment où le Secrétariat d'État de la Culture, l'Unesco et les membres de la Confrérie du Saint-Esprit Los Congos terminent un plan d'action pour la sauvegarde de cette expression culturelle dont les activités ont été notifiées dans le Code Noir de Carolino de 1784, soixante ans avant la proclamation de la République Dominicaine. Le pays jouit, donc, d'une expression culturelle plus antique que la République elle même.
Don Sixto Minier faisait partie de la Confrérie du Saint-Esprit Los Congos de Villa Mella depuis son adolescence. Il fabriquait les instruments de musique que le groupe utilise. Leur plus gros et gand tambour s’appelle « Kongo ». Il mesure un mettre avec un diamètre de 20 à 30 cm. C’est sa grand mère qui l’a initié et l’a choisi comme responsable de la Confrérie à 14 ans. Depuis lors Don Sixto a célébré avec ses instruments congos toutes les fêtes de Espíritu Santo Los Congos de Villa Mella. Il a parcouru beaucoup de pays, exécutant dans les cérémonies funéraires les morceaux de musique de la Confrérie. Après sa mort, ils lui ont aussi exécuté un morceau de Kalunga qui est le plus sacré du répertoire des Kongo. Cette partie musicale est très célèbre à Villa Mella ; quand une personne meurt, on dit d'elle que "Kalunga l’a touché", (Kalunga = Dieu de la pleinitude).
Pour ses mérites culturels, Don Sixto Minier reçu de différentes reconnaissances. Le Conseil de la ville de New York l'honora ainsi, "pour sa contribution à préserver l'héritage africain en République Dominicaine", 2001; le Gouvernement Dominicain le reconnut comme patrimoine vivant du folklore "dominicain", 2002; l'Université d'Humaniste et l'institut Dominicain de Recherches Anthropologiques de l'université d’Autonome de Santo Domingo lui firent un hommage pour avoir été pour la Confrérie " le Maître d’Oeuvre du Patrimoine Oral et Intangible de l'humanité (2003); et les programmes nationaux de télévision " El Gordo de la Semana ", 1987 et " Sábado de Corporán ", 1995 le distingua comme " sédiment du folklore dominicain" et comme "trésor vivant" de ce folklore, respectivement.
La dernière reconnaissance qu’a reçut récemment Don Sixto, pendant la Foire du Livre, du Secrétariat d'État de Culture est “pour avoir garanti la continuité des connaissances, le processus et les techniques artisanales traditionnelles de République Dominicaine” (avril 2008).
http://www3.diariolibre.com/noticias_det.php?id=14537
http://www.melassa.org/gallerycomunidad.htm
Le roi du Kongo Ne Mvita Kanga avait dit le 29 octobre 1665 à Mbuila vers 5h30mn du soir et précisément avant qu’il soit décapité :
Kongo tadi ù
ka di basué
Mba nsinga
Nous autres Ne Kongo avons le devoir de repérer nos frères Kongo dispersés par l’histoire.
Kongo tadi, ka di basukandi ka dia be nsinga zi ninga za ka zi tabuki.
Muisi Kahunga Muana Nsundi
Masengo ma Mbongolo
info@malakimakongo.net
www.malakimakongo.net